La Riforma della Cittadinanza Italiana: Le Novità del D.L. 36/2025

La normativa sulla cittadinanza italiana è al centro di significative modifiche introdotte con la Legge 23 maggio 2025, n. 74, che ha formalmente convertito il Decreto Legge 28 marzo 2025, n. 36. Questa riforma, che tocca un nervo scoperto per milioni di persone, mira a ridefinire le regole di accesso alla cittadinanza, in particolare per coloro che la rivendicano tramite il principio dello ius sanguinis, ovvero la discendenza da avi italiani. Le nuove disposizioni introducono un quadro normativo più stringente e selettivo per gli italo-discendenti residenti all’estero, con l’obiettivo di bilanciare il diritto storico con l’esigenza di un legame effettivo con l’Italia.

Contesto e Motivazioni della Riforma: Un Flusso Crescente di Riconoscimenti

Il contesto che ha portato a questa riforma è di particolare rilevanza. Negli ultimi anni, si è assistito a un incremento esponenziale nei riconoscimenti della cittadinanza italiana in molti Paesi del mondo, soprattutto in quelli con una forte tradizione di emigrazione italiana. I numeri parlano chiaro: secondo una nota della Farnesina, tra la fine del 2014 e la fine del 2024, il numero di cittadini italiani residenti all’estero è balzato da circa 4,6 milioni a ben 6,4 milioni, registrando un aumento del 40% in soli dieci anni.

Questo fenomeno è evidente in diverse realtà geografiche. In Argentina, ad esempio, i riconoscimenti annuali sono cresciuti da circa 20.000 nel 2023 a 30.000 nel 2024. Analogamente, il Brasile ha visto un incremento significativo, passando da oltre 14.000 riconoscimenti nel 2022 a 20.000 lo scorso anno. Anche il Venezuela, pur in un contesto diverso, contava quasi 8.000 riconoscimenti nel 2023. Si stima che il bacino potenziale degli oriundi italiani nel mondo che potrebbero teoricamente richiedere il riconoscimento della cittadinanza con la legge precedente fosse enorme, potenzialmente tra i 60 e gli 80 milioni di persone.

Un aspetto cruciale che ha spinto il governo a intervenire è il carico sui tribunali italiani. Attualmente, i procedimenti giudiziari pendenti per l’accertamento della cittadinanza superano i 60.000. Questa mole di lavoro ha messo sotto pressione il sistema giudiziario, rendendo difficile lo smaltimento delle pratiche e generando attese lunghissime. L’obiettivo del Consiglio dei Ministri è chiaro: regolamentare la materia per contrastare non solo il sovraccarico burocratico ma anche e soprattutto gli abusi che in alcuni casi hanno permesso a individui con legami molto labili o inesistenti con l’Italia di ottenere la cittadinanza. La riforma vuole quindi assicurare che il riconoscimento della cittadinanza sia basato su un legame più solido e verificabile.

Le Principali Novità Introdotte: Più Rigore e Connessione con l’Italia

Le nuove disposizioni legislative delineano un percorso più definito e, per certi versi, più restrittivo per l’ottenimento della cittadinanza.

Un punto centrale della riforma riguarda la limitazione al criterio di trasmissione della cittadinanza per discendenza, lo ius sanguinis. Sebbene il principio rimanga in vigore, la legge introduce limiti temporali e generazionali. L’acquisto automatico della cittadinanza è ora circoscritto a due generazioni, il che significa che il riconoscimento è garantito ai soli figli e nipoti di cittadini italiani. Questa modifica è pensata per evitare che il diritto si estenda indefinitamente nel tempo e nello spazio, richiedendo un contatto più ravvicinato con la stirpe italiana.

Parallelamente, la normativa si prefigge di rafforzare il principio di un legame concreto ed effettivo con l’Italia. Non sarà più sufficiente la mera discendenza, ma verrà valorizzato un rapporto autentico e dimostrabile con la cultura, la lingua o il territorio italiano. Questo aspetto mira a riconnettere la cittadinanza non solo a un dato anagrafico, ma anche a un valore identitario e culturale condiviso.

Un’importante finestra temporale è stata aperta per i minorenni alla data di entrata in vigore della legge di conversione, figli di cittadini per nascita. Per loro, la dichiarazione di riacquisto della cittadinanza può essere presentata entro le 23:59 del 31 maggio 2026. Questa disposizione rappresenta una deroga mirata per proteggere la situazione di chi, al momento dell’entrata in vigore della norma, si trovava in una fase di transizione legata alla minore età.

Per quanto riguarda le procedure per il riconoscimento della cittadinanza, la riforma introduce un cambiamento significativo nell’onere della prova. Nelle controversie in materia di accertamento della cittadinanza italiana, chi richiede il riconoscimento è ora tenuto ad allegare e provare l’insussistenza delle cause di mancato acquisto o di perdita della cittadinanza previste dalla legge. Questo ribaltamento dell’onere della prova mira a snellire i processi e a responsabilizzare maggiormente il richiedente. È inoltre cruciale notare che, in queste controversie, non sono più ammessi il giuramento e la prova testimoniale, limitando le tipologie di evidenze accettabili.

Tra le altre modifiche rilevanti, la nuova legge introduce la possibilità di recupero delle radici italiane attraverso percorsi di lavoro. Sono infatti consentiti l’ingresso e il soggiorno per lavoro subordinato allo straniero residente all’estero, discendente di cittadino italiano, a condizione che sia in possesso della cittadinanza di uno Stato che è stato destinatario di rilevanti flussi di emigrazione italiana. Questo apre nuove opportunità per chi, pur mantenendo un legame di discendenza, non rientra nei nuovi criteri di acquisto automatico della cittadinanza. Infine, è stato definito anche il costo per il riacquisto della cittadinanza, fissato a 250 euro.

In sintesi, la nuova normativa si delinea come un approccio più selettivo e pragmatico. Pur mantenendo fermo il principio dello ius sanguinis come pilastro della cittadinanza italiana, essa mira a valorizzarla non solo come un diritto ereditario, ma come espressione di un legame identitario più profondo, autentico e verificabile con la nazione.

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